E lo dice vestito in questo modo.
Credibilisssssimo.
P.s. Mabafangul.
P.s. 2 Un amico mi ha scritto che il 2009 sarà un anno che ci sbalordirà: gli ho risposto che ne sono certo anche se sono le modalità nel quale lo farà che mi suscitano un po' di apprensione.
Buon anno a tutti!!!
Le Poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête et se rit de l'archer
Exilé sur le sol au milieu des huées,
Ses ailes de géant l'empêchent de marcher.
giovedì 1 gennaio 2009
Il Papa: "Occorrono sobrietà e solidarietà Rivedere profondamente il modello di sviluppo"
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giovedì 11 settembre 2008
Basta veramente...
(Autore: Martin Kippenberger)
...con 'sto cazzo di reato di vilipendio!!!
Le due provocazioni che riporto NON le condivido neanche un po', in quanto non hanno né stile né le trovo minimamente intelligenti, purtuttavia qui troveranno posto finché esisterà questo blog.
In un paese che si autoproclama civile, non si può pensare che possa succedere qualcosa del genere per questa frase:
Fra vent'anni Ratzinger sarà morto e starà dove deve stare: all'Inferno, tormentato da dei diavoloni, frocioni, attivissimi e non passivissimi
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elfo_grigio
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domenica 6 luglio 2008
"la Spagna non è ancora abbastanza laica"
Senza commenti.
***
Zapatero sfida la Chiesa sui crocifissi e sull'aborto
Il Psoe: «Un diritto l'interruzione di gravidanza»
Laicità al centro del 37esimo Congresso dei socialisti. Che chiedono anche l'abolizione dei funerali religiosi di Stato
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
MADRID — Arrivano tutte insieme, anche se non proprio inattese, le cattive notizie per il presidente della Conferenza Episcopale spagnola, cardinale Antonio María Rouco Varela: secondo i socialisti, al governo, la Spagna non è ancora abbastanza laica. Ed è anche arrivata ora di rimettere mano alla legge sull'aborto, ormai più che ventenne; mentre si comincia a parlare, seppure sommessamente, di eutanasia. Il 37esimo congresso del Psoe, che conclude oggi tre giorni di lavori a Madrid, traccia le linee di un futuro che non concilierà il sonno dei vescovi più conservatori della Chiesa iberica: via i crocifissi da scuole e uffici pubblici; niente più giuramenti ufficiali sulla Bibbia, niente più funerali di Stato secondo il rito cattolico. Il partito di maggioranza non prevede una tabella di marcia serrata e, dopo molte discussioni e ripensamenti, ha deciso di aggiungere l'avverbio «progressivamente» nel comunicato (non vincolante per il Governo) in cui riassume i suoi propositi di riforma della Legge organica sulla libertà religiosa. Ma «la Chiesa cattolica deve essere cosciente che la Costituzione non le riconosce privilegi », si legge nella nota.
Pur ammettendo che «democrazia e religione non sono incompatibili », i socialisti spagnoli si impegnano a realizzare «la laicità che la Costituzione conferisce allo Stato». E citano i passi già compiuti in questa direzione, più o meno gli stessi che, sei mesi fa, avevano spinto la Conferenza episcopale spagnola a chiedere agli elettori cattolici di non votarli: l'educazione civica nelle scuole, il riconoscimento dei matrimoni omosessuali, lo snellimento delle pratiche per il divorzio, l'impulso alla ricerca biomedica.
La questione più dibattuta è stata quella dei funerali di Stato: se non saranno celebrati secondo il rito cattolico, quale liturgia alternativa può proporre un sistema perfettamente laico e aconfessionale? Nella versione definitiva del testo, la segreteria del Psoe ha preferito sfumare il tenore iniziale considerando piuttosto «indispensabile una legislazione che stabilisca nuovi criteri di collaborazione tra confessioni religiose e amministrazioni pubbliche e assicuri a tutte le confessioni un trattamento uguale». Pur senza ritoccare gli accordi raggiunti nel 1979 tra Stato e Santa Sede, come reclamava invece l'ala oltranzista, rappresentata da Izquierda Socialista.
Ieri il Segretario organizzativo del Psoe, José Blanco, ha aggiunto altre spine nel fianco dei vescovi annunciando che la legge sull'aborto dovrà essere rivista. Proposito confermato dalla numero due del Governo, Maria Teresa Fernández de la Vega, che ha parlato di una «riforma avanguardista in difesa dei diritti delle donne». Una commissione di esperti studierà la situazione in Europa per ispirarsi alle leggi più avanzate, prima di formulare modifiche alla normativa del 1985. Durante la campagna elettorale il Premier e Segretario del partito (riconfermato ieri col 98,53% dei voti), José Luis Rodríguez Zapatero, interrogato sull'argomento, aveva preferito mantenersi vago, sostenendo che non c'era urgenza né necessità di modificare la legge.
Un'altra donna, infine, entra nella direzione del Psoe: Leire Pajín, basca, 32 anni, attuale Segretaria di Stato per la Cooperazione internazionale, è la nuova numero tre del partito.
Elisabetta Rosaspina
06 luglio 2008
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mercoledì 30 aprile 2008
Il Fini giustifica i mezzi.
Oggi Gianfranco Fini si è insediato come nuovo Presidente della Camera ed ha messo le cose subito in chiaro eloggiando il papa e sostenendo che tutto il Male nel Mondo (Tm) si cela sotto le pericolose, velenose, tenebrose, ed anche un po' incazzose spoglie del Relativismo ( e te pareva).
Sembra che alla fine del discorso di insediamento poi, abbia pronunciato le seguenti parole:
"[...] ed ora che sono Presidente della Camera, a noi, camerati!"
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L'otto per mille e Lina Sotis.
E' un po' che non scrivevo sul blog: colpa dell'horror vacui, della pagina bianca dello scrittore e, last but not least, perchè non mi andava di scrivere un cazzo :).
Stamattina però leggo questo e mi chiedo se è il caso di sprecare l'otto per mille in lezioni di bon ton.
Se fossi nella CEI, per dirne una, prima di prendere lezioni da Lina Sotis inizierei coi fondamentali, tipo, che so, rinnovare il guardaroba: troppi capi dai colori funerei, tutti uguali e decisamente demodè e poi, si sa, il lungo non va più.
Via allora, con vestitini sbarazzini color pastello e mini ad altezza pubica.
Questo, ad esempio, potrebbe essere il nuovo stile di Bagnasco, pedditte.
In questa foto invece, il prossimo conclave.
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venerdì 21 marzo 2008
Il presunto "valore" della vita umana.
Questo era più evidente nel passato, quando della vita degli altri non fotteva un cazzo a nessuno ed era considerato normale che, ad esempio, chi mettesse in dubbio l’autorità, che so io, della Chiesa, venisse arrostito con molto timo ed una foglietta di alloro.
Ancora oggi, fuori dall’ipocrisia buonista praticata in occidente, le cose restano tali.
In realtà “la vita umana” è un bene ampiamente barattabile: è barattabile ogni qualvolta vi sia una scarsezza di risorse tali da giustificare l’appropriazione di beni sui quali altri hanno il controllo; è barattabile nel nome delle regole che una data comunità adotta (volente o nolente non importa) al fine di escludere quegli elementi che al corpo sociale, così strutturato, possano risultare nocivi; è barattabile persino quando si tratta di innalzare gli standard del proprio benessere nonché quando si tratta di decidere obbligatoriamente tra la vita e la morte di due soggetti etc.
Premesso ciò, quello che oggettivamente conta nella vita è la “qualità” e non la “quantità” .
Sinceramente sono piuttosto drastico sul punto e per i malati terminali, che non hanno più nulla da poter sperare, sarei per l’eutanasia obbligatoria, pratica comunque già conosciuta da secoli a livello popolare, come ad esempio in Sardegna, ove la terribile femmina Accabadora (tipologia di donna nella quale possiamo rivedere la manifestazione più funesta delle tre possibili della dea Hecate) si recava presso il capezzale del moribondo soffocandolo, strangolandolo, o spaccandogli il cranio o l’ osso del collo.
Essendo però il concetto di “qualità” piuttosto sfuggente e soggettivo, ritengo che sia più giusto che ognuno possa decidere per sé quando la “qualità” della vita non lo soddisfi più e porre in tal modo fine alle proprie sofferenze.
Non trovo quindi affatto strano che la povera Chantal Subire o Hugo Claus (che per sua fortuna abitava in Belgio), abbiano deciso di seguire questa strada e sono a favore del fatto che chi decide di rinunciare alla propria esistenza sia aiutato a farlo nel modo più indolore possibile.
Dato che è tecnicamente possibile predisporre appositi strumenti (no, non sto pensando alla cabina dei suicidi di cui Bender intendeva servirsi in “Futurama”, maligni :P) in modo da lasciare integra la “coscienza” dell’operatore che aiutasse chi ha deciso di fare l’ultimo viaggio, non vedo quale sia il problema.
D’altronde gli epigoni del libero arbitrio, non dovrebbero avere nulla da obiettare ;)
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lunedì 10 marzo 2008
Zapatero, Nuti, l'Eta e Ruini.
Zapatero ha di nuovo vinto le elezioni in Spagna, viva Zapatero: scontato.
La cosa invece che sorprende è come la Chiesa Cattolica abbia fatto scuola.
Come potete agevolmente leggere qui, gli indipendentisti baschi rivendicano parte della vittoria in quanto avrebbero favorito l'astensionismo che ha fatto sì che il Psoe trionfasse.
Questa tattica ricorda moltissimo quella che il Cardinal Ruini mise in atto nel 2005 in occasione dei referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali: d'altronde tra estremisti ci si intende.
Ebbene, lor signori sappiano che hanno rotto i coglioni in quanto, come dice Nuti in "Madonna che silenzio c'è stasera" non è automatico che chi taccia acconsenta.
Chi tace(in genere) sta zitto.
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sabato 9 febbraio 2008
Un voto laico
Segnalo quest'iniziativa che ha preso le mosse dal nuovo newsgroup it-alt.cultura.laica
Accorrete numerosi ;)
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martedì 29 gennaio 2008
Famiglia cristiana.
Papa Ratzy: "La vita e la famiglia sono valori da difendere sempre."
Eccolo, il perfetto prototipo di famiglia cattolica, cristiana, credente.
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martedì 22 gennaio 2008
Lettera aperta al presidente Napolitano
Sempre sulla questione dlla "Sapienza", riporto questo condivisibilissimo pezzo di Paolo Flores d'Arcais che potete trovare qui:
***
Lettera aperta al presidente Napolitano di Paolo Flores d'Arcais Caro Presidente,
tempo fa, dovendo scriverti per invitarti ad una iniziativa di MicroMega, chiesi tramite il tuo addetto stampa se dovevo continuare ad usare il “tu” della consuetudine precedente la tua elezione, o se era più consono che usassi il “lei”, per rispetto alla carica istituzionale. Poiché, tramite il tuo addetto stampa, mi facesti sapere che preferivi che continuassi a scriverti con il “tu”, è in questo modo che mi rivolgo a te in questa lettera aperta, tanto più che, essendo una lettera critica, mi sembrerebbe ipocrisia inzuccherare la critica con la deferenza del “lei”.
Il mio dissenso, ma si tratta piuttosto di stupore e di amarezza, riguarda la lettera di scuse che in qualità di Presidente, dunque di rappresentante dell’unità della nazione, hai inviato al Sommo Pontefice per l’intolleranza di cui sarebbe stato vittima. E’ verissimo che di tale intolleranza, di una azione che avrebbe addirittura impedito al Papa di parlare nell’aula magna della Sapienza, anzi perfino di muoversi liberamente nella sua città, hanno vociato e scritto tutti i media, spesso con toni parossistici.
Ma è altrettanto vero che di tali azioni non c’è traccia alcuna nei fatti. La modesta verità dei fatti è che il magnifico rettore (senza consultare preventivamente il senato accademico, ma mettendolo di fronte al fatto compiuto, come riconosciuto dallo stesso ex-portavoce della Santa Sede Navarro-Vals in un articolo su Repubblica) ha invitato il Papa come ospite unico in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico (a cui partecipano in nome della Repubblica italiana il ministro dell’università e il sindaco di Roma), e che, avutane notizia dalla agenzia Apcom il professor Marcello Cini (già dallo scorso novembre) e alcune decine di suoi colleghi (più di recente) hanno espresso per lettera al rettore un loro civilissimo dissenso.
Quanto agli studenti, nell’approssimarsi della visita alcuni di loro hanno espresso l’intenzione di manifestare in modo assolutamente pacifico un analogo dissenso, nella forma di ironici happening.
Il rettore Guarini ha comunque rinnovato al Papa l’invito, e tanto il Presidente del Consiglio Romano Prodi quanto il ministro degli Interni Giuliano Amato hanno esplicitamente escluso che si profilasse il benché minimo problema di ordine pubblico (malgrado la campagna allarmistica montata dal quotidiano dei vescovi italiani, “L’Avvenire”, rispetto a cui le dichiarazioni di Prodi e Amato suonavano esplicita smentita). Nulla, insomma, impediva a Joseph Ratzinger di recarsi alla Sapienza e pronunciare nell’aula magna la sua allocuzione.
Di pronunciare, sia detto en passant e per amore di verità, il suo monologo, visto che nessun altro ospite contraddittore o “discussant” era previsto, e un monologo resta a tutt’oggi nella lingua italiana l’opposto di un dialogo, checchè ne abbia mentito l’unanime coro mediatico-politico (che di rifiuto laicista del dialogo continua a parlare), a meno di non ritenere che tale opposizione, presente ancora in tutti i dizionari in uso nelle scuole, sia il frutto avvelenato del già stigmatizzato complotto laicista.
Tutto dunque lasciava prevedere che la giornata si sarebbe svolta così: mentre Benedetto XVI pronunciava il suo monologo nell’aula magna, tra il plauso deferente dei presenti (e in primo luogo del ministro Mussi e del sindaco Veltroni), ad alcune centinaia di metri di distanza alcuni professori di fisica avrebbero tenuto un dibattito sui rapporti tra scienza e fede esprimendo opinioni decisamente diverse da quelle del regnante Pontefice, e ad altrettanta debita distanza qualche centinaio di studenti avrebbe innalzato cartelli di protesta e maschere ironiche. Ironia che può piacere o infastidire, esattamente come le vignette contro il profeta Maometto, ma che costituisce irrinunciabile conquista liberale.
Dove sta, in tutto ciò, l’intolleranza? E addirittura la prevaricazione con cui si sarebbe messo al Papa la mordacchia (secondo l’happening inscenato in aula magna dagli studenti di Comunione e liberazione)?
A me sembra che intolleranza – vera e anzi inaudita – sarebbe stato vietare ad un gruppo di docenti di discutere in termini sgraditi ai dogmi di Santa Romana Chiesa, e ad un gruppo di studenti di manifestare pacificamente le loro opinioni, ancorché in forme satiricamente irridenti. Se anzi di tali divieti si fosse solo fatto accenno da parte di qualche autorità, credo che un numero altissimo di cittadini si sarebbe sentito in dovere di rivolgersi a te quale custode della Costituzione, con toni di angosciata preoccupazione per libertà fondamentali messe così platealmente a repentaglio. Ma, per fortuna (della nostra democrazia), nessun accenno del genere è stato fatto.
Il Sommo Pontefice non era di fronte ad alcun impedimento, dunque. Ha scelto di non partecipare perché evidentemente non tollerava che, pur avendo garanzia di poter pronunciare quale ospite unico il suo monologo in aula magna, nel resto della città universitaria fossero consentite voci di dissenso, anziché risuonare un plauso unanime.
Non è, questa, una mia malevola interpretazione, visto che sono proprio gli ambienti vaticani ad aver riferito che il Papa preferiva rinunciare a recarsi in visita presso una “famiglia divisa” (cioè il mondo accademico e studentesco della Universitas studiorum, la cui quintessenza istituzionale è però proprio il pluralismo delle opinioni). Ma pretendere quale conditio sine qua non per la propria partecipazione un plauso unanime non mi sembra indice di propensione al dialogo bensì, piuttosto, di vocazione totalitaria.
Non vedo dunque per quale ragione tu abbia ritenuto indispensabile, a nome di tutta la nazione di cui rappresenti l’unità, porgere al Papa quelle solenni scuse. Che ovviamente, data la tua autorità, hanno fatto il giro del mondo. Se c’è qualcuno che aveva diritto a delle scuse, semmai, è il gruppo di illustri docenti, tutti nomi di riconosciuta statura internazionale nel mondo scientifico, e che tengono alto il prestigio italiano nel mondo, a contrappeso dell’immagine di “mondezza” e politica corrotta ormai prevalente all’estero per quanto riguarda il nostro paese. Questi studiosi sono stati infatti accusati di fatti mai avvenuti, e insolentiti con tutte le ingiurie possibili (“cretini” è stato il termine più gentile usato dai maestri di tolleranza che si sono scagliati contro il diritto di critica di questi studiosi).
Né si può passare sotto silenzio il contesto in cui il monologo di Benedetto XVI si sarebbe svolto, contesto caratterizzato da due aggressive campagne scatenate dalle sue gerarchie cattoliche. Trascuriamo pure la prima, cioè i rinnovati e sistematici attacchi al cuore della scienza contemporanea, l’evoluzionismo darwiniano (bollato di “scientificità non provata” da un recente volume ratzingeriano uscito in Germania), benché il rifiuto della scienza non sia cosa irrilevante per chi dovrebbe aprire l’anno accademico della più importante università del paese.
Infinitamente più grave mi sembra la seconda, la qualifica di assassine scagliata dal Papa e dalle sue gerarchie, in un crescendo di veemenza e fanatismo, contro le donne che dolorosamente abbiano scelto di abortire. Questo sì dovrebbe risultare intollerabile. Se un gruppo di scienziati accusasse Papa Ratzinger, o solo anche il cardinal Ruini, il cardinal Bertone, il cardinal Bagnasco, di essere degli assassini, altro che lettere di scuse! E perché mai, invece, ciascuno di loro può consentirsi di calunniare come assassina, nel silenzio complice dei media e delle istituzioni, ogni donna che abbia deciso di utilizzare una legge dello Stato confermata da un referendum popolare? Se vogliono rivolgersi alle donne del loro gregge ricordando che l’aborto, anche un giorno dopo il concepimento, è un peccato mortale, e che quindi andranno all’inferno, facciano pure, proprio in base a quel “libera Chiesa in libero Stato” che il Risorgimento liberale e moderato di Cavour ci ha lasciato in eredità. Ma diffamare come assassine cittadine italiane che nessun reato hanno commesso è una enormità che non può essere passata sotto silenzio, e non sono certo il solo ad essermi domandato con amarezza perché, in quanto custode dell’unità della nazione e dunque anche delle sue radici risorgimentali, tu non abbia fatto risuonare la protesta dello Stato repubblicano.
La canea di accuse e di menzogne di questi giorni mi ha portato irresistibilmente alla memoria una piccola esperienza di oltre quarant’anni fa, nel 1966, quando – giovane universitario iscritto al Partito comunista da meno di tre anni – vissi incredulo l’esperienza di un congresso (l’XI, se non ricordo male) di un Partito che si vantava di essere sostanzialmente più libero e democratico degli altri (per questo, del resto, vi ero entrato, come milioni di italiani), in cui Pietro Ingrao, per aver moderatissimamente avanzato l’idea di un “diritto al dissenso” fu investito da una esondazione di critiche e vituperi, compresa l’accusa di essere proprio lui un intollerante!
Con una differenza sostanziale e preoccupante: che allora tale capovolgimento della realtà, versione soft ma non indolore dell’incubo orwelliano, riguardava solo un partito. Oggi investe l’intero paese, la sua intera classe politica, la quasi totalità dei suoi mass-media.
Ecco perché spero che tu voglia prestare attenzione anche all’angosciata preoccupazione di quei segmenti laici (o laicisti, come preferisce la polemica corrente) del paese, non so se maggioritari o minoritari (ma la democrazia liberale, a cui ci hai più volte richiamato, è garanzia di parola e ascolto anche per il dissenso più sparuto, fino al singolo dissidente), che ormai vengono emarginati o addirittura cancellati dalla televisione, cioè dallo strumento dominante dell’informazione, e il cui diritto alla libertà d’opinione viene di conseguenza vanificato, mentre ogni tesi oscurantista può dilagare e spadroneggiare.
Con stima, con speranza, con affetto, credimi,
tuo Paolo Flores d’Arcais.
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giovedì 17 gennaio 2008
La legge del piangina.
Si comporta da perfetta vittima il Ratzy che scuote offeso la polvere dalle sue scarpine di Prada fingendo che non gli sia stato dato modo di esprimersi alla "Sapienza", quando invece egli stesso, con cinico e mirato calcolo, si è sottratto alle (sacrosante) contestazioni che lo aspettavano per incassare la solidarietà dell'intero arco costituzionale, Mussi (Mussi!!!) compreso.
La sua libertà di espressione è stata infatti, talmente “compromessa”che oggi si è svolto il “papa day” (che per l’occasione è stato trasmesso dalla TV di Stato su maxischermi montati a Milano e Verona), a cui erano presenti moltissimi dei soliti leccaculo professionisti nostrani (da Gasparri ad Alemanno, da Rutelli a Franceschini, da Bondi a Calderoli da Casini a Fioroni e Mastella che si è portato dietro da Ceppaloni il suo parco de_voti :D).
Già, proprio MAstella (la “A” è volutamente maiuscola: chi può intendere, intenda) che oggi se ne è uscito così:
"A mio parere la prima cosa che dovrebbe fare il governo di cui ho fatto parte fino a poco tempo fa, e' che il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri chiedano di essere ricevuti dal Cardinal Bertone per dire 'vi chiediamo scusa per quello che e' successo"
(link)
e che poi si permette di dare degli “imbecilli” ai contestatori della “Sapienza” (ovviamente uno che sta sempre dalla parte della"raggione", può dire ciò che vuole, perchè qualsiasi cosa dica è sempre irreprensibile e tollerante, sopratutto).
Avrete tutti presente quando il bove ceppalonico ha presentato le proprie dimissioni alla Camera: (il testo integrale lo potete trovare qui) ebbene, anche lui come il papa, ha raccolto una “insospettabile” solidarietà bipartisan (questione di affinità elettive, evidentemente :D), il cui culmine si è raggiunto con il solito vergognoso Casini che si è messo a tuonare contro la magistratura tra gli applausi osceni e affrettati dei presenti.
Ora, in genere quando ci si lamenta è perché ci si sente “ingiustamente” vessati o perseguitati, ma in questi casi, quali sarebbero le fonti delle presunta ingiustizia?
Analizziamo i fatti:
- Ratzy avava tutti i diritti di andare a parlare alla "Sapienza" anche in quanto invitato dal Magnifico Rettore;
- i 67 dissidenti (dovevano essere '68 ma uno ha dato forfait all'ultimo istante :D) avevano tutti i diritti di manifestare il proprio dissenso, così come gli studenti.
- Quelli che gridano "alla censura", non si sa di cosa parlino, giacché è stata una libera scelta del papa quella di non partecipare più all'inaugurazione dell'anno accademico.
Sinceramente, se fossi il papa, sarei fortemente preoccupato di avere tra i miei più accesi sostenitori la masnada di tagliagole che governa questo paese, Mastella in primis, che proclamano ad alta voce i “valori” del cattolicesimo ma che nella vita di tutti i giorni ne fanno carta straccia e mi chiederei del perché del mio fallimento come religioso.
Non essendo Ratzy un’idiota, penso che poco gli interessi la sua missione pastorale e che le sue mire siano in realtà ben altre.
Acquistare consenso in ogni modo, questo è l’importante, non importa se siete dalla parte del torto.
Come direbbe Moggi lamentatevi, lamentatevi, lamentatevi. Vi seguiranno in molti.
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elfo_grigio
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